sabato 26 settembre 2009

La pagina nera del volley italiano

Non una sentenza sportiva ma evidentemente politica condanna, almeno per ora, la Yoga Volley Forlì alla serie A2. Qualcosa che va al di là dello sport. Una sentenza che non rispecchia il rispetto delle regole. Anche perché, non va dimenticato, i tribunali sportivi hanno sempre dato ragione alla Yoga Forlì L'unica comunicazione ufficiale in mano alla Yoga Volley Forlì risale al 27 luglio scorso e ne sancisce il ripescaggio in serie A1. E poi cosa è successo? Forse una 'mano' si è allungata su Pineto? Chissà. Rimane il fatto che ora la Yoga, se domani non si presentasse a Frosinone, rischierebbe la sconfitta a tavolino e una penalizzazione in classifica. Sarebbe una beffa per una società che ha sempre rispettato le regole e che ha avuto i conti sempre a posto. Al contrario dell'altra società, che ora sbandiera un attivo in bilancio ma che non ha pagato, come promesso, l'acquisto del titolo sportivo di serie A1 da Milano. Fatto abbondantemente suffragato da sentenze e documenti, nulla di inventato, insomma. E ora? Si aspetta il Consiglio di Stato. Se anche quest'organo dovesse dar torto alla Yoga Volley Forlì, proponiamo al presidente Giovanni Gavelli di scendere in campo con i ragazzi della serie C. Per far capire a chi di dovere che le leggi vanno rispettate. Che la società di corso Diaz non si arrende, anche se qualcuno forse immaginava e sperava il contrario. E soprattutto, di fare causa di risarcimento danni alla Lega Pallavolo. Sponsor, contratti, impegni con terze persone per organizzare una stagione. E ora? Bisogna far capire a chi di dovere che le leggi vanno rispettate. Senza ipocrisie da parte di coloro che prima manifestano solidarietà, promettono battaglie al fianco della società di corso Diaz e poi, nel momento decisivo, si accasano col più 'forte'. Questa è soltanto una mia opinione personale. L'opinione di chi segue questo movimento da 20 anni. E' ora che i tifosi si facciano sentire con gli organi sportivi, perché così proprio non va: il movimento, nell'anno del Mondiale in Italia, perde credibilità. E perde anche tifosi.
s.f.
 
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